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Le TAVI

Andrea Fiorencis • ago 25, 2020

la minima invalidità in cardiochirurgia è sempre la scelta migliore?

Negli anni si sta affinando una tecnica mini-invasiva  di sostituzione valvola aortica. Questa tecnica prende il nome di TAVI (Trans aortic valvular implantation): prevede l’impianto di una protesi biologica espansibile all’ interno della valvola degenerata nativa, tutto questo viene fatto senza accedere al cuore del paziente all’ esterno. In poche parole, non viene effettuato l'intervento di apertura del torace. Mediante infatti appositi cateteri, un pò come succede per la coronarografia, si può trasportare una valvola protesica biologica a livello delle valvola nativa e sostituirla. Questa tecnica sta acquisendo sempre più conferme dal punto di vista clinico e sempre più studi confermano la sua efficacia e durata nel tempo. 
 Al momento questo trattamento è indirizzato ai pazienti più fragil, che quindi sarebbero ad elevato rischio di morte intraoperatoria per l’intervento tradizionale. Questa tecnica infatti non prevede l’apertura del torace ma solo l’accesso per via arteriosa femorale. 
I punti critici però non mancano. 
  • Questa tecnica si applica solo se c’è un anatomia valvolare e vascolare favorevole, non tutti quindi possono esservi sottoposti. 
  • Si utilizzano un mezzo di contrasto e delle radiazioni ionizzanti come guida chirurgica.
  •  La protesi è una protesi biologica per cui andrà incontro a degenerazione e quindi eventualmente a necessità di un secondo intervento. 
  • Le complicanze possono essere gravi e talvolta si deve ricorrere in emergenza a cambiare verso la chirurgia convenzionale.
 Questa tecnica insomma ha un futuro promettente ma ha ancora alcuni limiti (tra cui anche i costi elevati) che ne riducono l’accessibilità a una platea di pazienti più ampia. 

CARDIO4DUMMIES

Autore: Andrea Fiorencis 17 gen, 2024
salute psicologica e cuore
Autore: Andrea Fiorencis 19 ott, 2021
Da anni l’endocardite infettiva è diventata un argomento caldo per i professionisti della salute in generale e in particolare per quelli del settore odontoiatrico. Chi si occupa di Cardiologia ormai è bersagliato con sempre maggiore frequenza dalla classica domanda: “ diversi anni fa mi è stato diagnosticato un lieve prolasso mitralico, devo fare la terapia antibiotica per frequentare la poltrona del dentista?”. In anni non sospetti i miei colleghi cardiologi negavano a pochi la diagnosi di “prolasso lieve della valvola mitralica”: infatti per ragioni anatomiche è una “malformazione” valvolare rilevabile con alta frequenza. Pertanto agli Odontoiatri e ai loro collaboratori toccava l’ingrato compito di gestire la prevenzione delle colonizzazioni valvolari. Alla luce delle sempre più pericolose resistenze batteriche, le società scientifiche cardiologiche di riferimento Europee (ESC) e Americane (AHA) hanno dimostrato un certo interesse per la tematica, cosi nel 2017 hanno messo un punto : le profilassi antibiotiche estese a tutti i pazienti con problemi valvolari favoriscono le resistenze batteriche, in assenza di evidenze a favore di un vero e proprio calo dell’incidenza dell’Endocardite Batterica. Fattori di rischio L'endocardite infettiva è una patologia rara, con un'incidenza di circa 2-10 casi per 100.000 persone per anno. I fattori predisponenti sono : le malattie cardiache congenite (ad es. il difetto del setto inter-ventricolare o la valvola aortica bicuspide); le malattia valvolari acquisite (ad es. la degenerazione senile, la stenosi aortica e la cardiopatia reumatica). la scarsa igiene orale; l’ uso di farmaci / droghe per via endovenosa; l’ emodialisi; la malattia epatica cronica; il diabete; l’ immunodepressione; le malattie neoplastiche; i dispositivi intravascolari permanenti. La malattia reumatica nei paesi in via di sviluppo. Eziologia L’evento che da inizio al processo patologico è una lesione dell’ endotelio valvolare. Questa lesione dovuta a motivi molteplici e non prevedibili, espone il collagene sub-endoteliale e altre molecole della matrice connettivale a cui le piastrine e la fibrina aderiscono e formando una struttura micro-trombotica chiamata “vegetazione sterile”. In assenza di questa struttura i batteri che circolano liberamente nel flusso sanguigno (batteriemia) non hanno possibilità di sopravvivere sulla liscia superficie endoteliale. Quando l’endotelio è danneggiato e si è formata una struttura di supporto stabile, i batteri si legano e colonizzano la lesione. In assenza di una risposta efficace dell'ospite, i batteri si replicano in situ, stimolando l'ulteriore deposizione di piastrine e fibrina per formare una vegetazione infetta che è il segno distintivo dell'endocardite infettiva. Le vegetazioni creano un microambiente protettivo che è scarsamente accessibile ai neutrofili e alle molecole di difesa dell'ospite. Le vegetazioni sono cariche di batteri con densità molto elevate (ovvero, da 109 a 1010 unità formanti colonie per grammo di vegetazione) che promuovono la batteriemia e l'ulteriore crescita della vegetazione. Quest’ultima crescendo diventa friabile e si frammenta nel circolo ematico. Le condizioni creatisi (alta densità batterica, vegetazione in crescita, friabilità e frammentazione) guidano la maggior parte delle caratteristiche cliniche dell'endocardite infettiva e delle sue complicanze tra cui: la distruzione valvolare, l’estensione para-valvolare, l’embolizzazione microvascolare e dei grandi vasi, l’ infezione metastatica degli organi bersaglio (reni, milza cervello, ossa ecc.). Segni e sintomi Febbre e soffio cardiaco, sono le due caratteristiche distintive dell'endocardite infettiva. Sono presenti rispettivamente in circa il 90% e il 75% dei pazienti. L'endocardite infettiva può presentarsi acutamente con un decorso rapidamente progressivo complicato da: insufficienza cardiaca congestizia, ictus, embolizzazione sistemica o polmonare, sepsi grave o shock settico o subacuta con sintomi aspecifici come febbre di basso grado, malessere, brividi, sudorazione, dispnea, mal di schiena, artralgie e perdita di peso per un periodo di settimane o talvolta mesi Fenomeni microembolici o immunologici come emorragia da scheggia, emorragia congiuntivale, nodi di Osler, lesioni di Janeway e macchie di Roth. Diagnosi La diagnosi è complessa e prevede l’integrazione di criteri clinici, laboratoristici e di imaging cardiaco. Esistono batteri infatti con una predisposizione specifica a sviluppare colonie endocarditiche rispetto ad altri ad es. lo Stafilococco Aureo o gli Streptococchi. La clinica e l’isolamento di batteri generalmente compatibili con la diagnosi necessita quindi di un approfondimento mediante ulteriori esami strumentali. L'ecocardiografia è uno strumento essenziale nella diagnosi e nella gestione dell'endocardite infettiva. La sensibilità per l'individuazione delle vegetazioni nell'endocardite infettiva è dal 50 al 60% con l'ecocardiografia transtoracica e il 90% o più con l'ecocardiografia transesofagea Le specificità di entrambi sono circa del 95%. Poiché la l’ecografia transtoracica è meno sensibile della trans-esofagea per il rilevamento anche delle complicanze intracardiache (ad es. Ascesso paravalvolare), quest’ultima è preferibile per escludere l'endocardite infettiva. Terapia La terapia dell’ endocardite infettiva prevede certamente un importante copertura antibiotica il più possibile mirata all’agente infettante. Secondariamente in base alle caratteristiche della vegetazione può essere necessario l’intervento cardiochirurgico di rimozione della struttura. ———————————————————————————————————————————— Il tema della profilassi antibiotica per ridurre il rischio di endocardite infettiva su valvole native è tuttora complesso. Nelle ultime linee guida Europee infatti, per ridurre la piaga delle antibiotico resistenze, si è deciso di limitare la profilassi ai soli pazienti con pregressa endocardite, portatori di protesi valvolari, soggetti affetti da cardiopatie congenite trattate. Non sono stati osservati mediante studi di registro e di popolazione delle differenze significative sull'incidenza di comparsa dell’endocardite infettiva non impostando la profilassi antibiotica a chi presentava problemi valvolari della mitralica e della valvola aortica . Questo studi dimostrano indirettamente che da quando sono cambiate le linee guida , in pratica non c’è stato un significativo aumento del trend di comparsa della patologia . Da queste conclusioni che hanno un livello di evidenza C ( che dal punto di vista scientifico è piuttosto basso) trae beneficio tutta la società: ridurre la destinazione della pratica profilattica antibiotica riduce le resistenze batteriche soprattutto nei pazienti fragili, che sono quelli che più spesso si trovano a dover assumere terapie multifarmaco . Tuttavia nella pratica clinica quotidiana è ancora diffusamente in uso la profilassi antibiotica apparentemente non motivata in particolare in ambito odontoiatrico. Perché ? Io credo che si tratti dell’ enorme confusione causata dall’assenza dei concetti base. 

 A fronte di questa scelta sensata ma poco supportata scientificamente, i consigli che dó ai miei pazienti che soffrono di problemi valvolari (prolassi e stenosi della valvola mitralica) , sono certamente di mantenere un’igiene orale perfetta (lavate bene i denti, passate filo interdentale e scovolino!) e di frequentare con assiduità chi si occupa del mantenimento dello stato di salute orale : lo dice il dentista , lo rimarca l’igienista dentale , oggi lo afferma anche il Cardiologo. Letture consigliate Incidence, Microbiology, and Outcomes in Patients Hospitalized With Infective Endocarditi Anoop et al. https://doi.org/10.1161/CIRCULATIONAHA.119.044913 Circulation. 2020;141:2067–2077 Temporal Trends in Infective Endocarditis in the Context of Prophylaxis Guideline Modifications: Three Successive Population-Based Surveys. Duval et al. Journal of the American College of Cardiology Volume 59, Issue 22, 29 May 2012, Pages 1968-1976 https://doi.org/10.1016/j.jacc.2012.02.029
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